La festa del Redentore a Venezia si celebra ogni anno la terza domenica di luglio.
Ma cos’è questa festa e da cosa deriva questa tradizione?
Nel 1575 l’Italia fu colpita da una terribile pestilenza durante la quale a Venezia perì un terzo della popolazione, tra cui il celebre artista Tiziano.
Non era la prima volta che la Repubblica affrontava la peste. Nel secolo precedente erano stati istituiti i Lazzareti, isole nella laguna usate come ricovero dei malati, che però in questa occasione si erano dimostrati insufficienti a contenere gli appestati. Si cercarono quindi altre strategie per arrestare il morbo. Si caricarono i malati su grandi barche ormeggiate in laguna per isolarli, si arrestarono i mendicanti, si purificò l’aria con il ginepro, si incenerì tutto ciò che aveva avuto contatti con i malati, ma non bastò. L’unica soluzione sembravano essere le preghiere, che il Doge esortò a dedicare al Cristo Redentore.
Dopo quasi due anni nell’inverno del 1576 finalmente l’epidemia cessò.
Cosa successe alla fine della pestilenza?
Il Governo decise di costruire il tempio votivo del “Redentore” nell’isola della Giudecca come ringraziamento per la fine della pestilenza, incaricando del progetto Andrea Palladio. All’epoca il grande architetto era il riferimento della Repubblica, consultato per tutte le questioni di rilievo e le committenze di Stato. Il progetto per la Chiesa fu certamente uno dei più importanti della sua carriera, nonché una delle sue ultime opere.
Il fatto che il Redentore fosse destinato ai Padri Cappuccini ebbe un forte influsso nella struttura della chiesa. Palladio utilizzò materiali molto semplici, come cotto e mattoni al posto del marmo, per rispecchiare il voto di povertà dei Francescani (cui i Cappuccini erano legati).
Il Doge Sebastiano Venier dopo la posa della prima pietra nel 1577, senza aspettare la fine dei lavori che avvenne nel 1592, decise di recarsi alla Giudecca con una processione solenne.
Per farlo si costruì un ponte di barche con lo scopo di far passare processione e popolo.
Da allora la processione sul ponte di barche per andare alla Giudecca, alla chiesa del Redentore, divenne una tradizione annuale. I giorni precedenti la cerimonia erano densi di preparativi. Si addobbavano le case, si accendevano le torce, si gonfiavano i “baloni”, palloncini di carta colorati, e la gente chiamata numerosa a celebrare il Redentore iniziò negli anni ad arrivare la sera prima per essere sicura di trovare posto. Molti venivano in barca, si mangiava e si faceva festa, tanto che un po’ alla volta la festa religiosa si trasformò in una sorta di sagra.
Il Redentore oggi..
L’atmosfera dopo tutti questi secoli è rimasta la stessa. Ogni anno si costruisce il ponte di barche a collegare le Zattere con la chiesa. Il sabato precedente la festa le rive della Giudecca si riempiono delle tavole che i veneziani mettono in calle per cenare tutti insieme. I grandi fuochi d’artificio richiamano imbarcazioni cariche di persone nel Bacino di San Marco e nel canale della Giudecca, così che è tutta una distesa di barche. La domenica, dopo le cerimonie liturgiche del mattino, si svolgono le tradizionali Regate.
Purtroppo il 2020 ha interrotto la tradizione dei fuochi pirotecnici, ma non la cerimonia religiosa che forse mai come quest’anno assume un significato di grande attualità, anche per chi non è credente.
La festa del Redentore a Venezia, è una delle feste maggiormente partecipate ed è nata per esorcizzare un momento buio della storia della Repubblica, puntando sul senso di rinascita e redenzione. Quest’anno percorrere il ponte di barche e andare al Redentore avrà sicuramente un grande impatto emotivo.
Una curiosità: la chiesa del Palladio ha una pianta longitudinale, ma se la si osserva dal ponte di barche, sembra un edificio a pianta centrale e quasi non si percepisce la lunghezza delle navate retrostanti.